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Giugno 27, 2023Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 4972/2023, relativa all’affidamento di un servizio di riscossione tributi, ha esplicitato i limiti imposti dall’ ordinamento giuridico al frazionamento di un appalto.
Nel caso di specie la stazione appaltante aveva previsto due affidamenti diretti con il diverso nomen iuris di “servizi a supporto della riscossione” e “servizi per la riscossione coattiva”. Il tutto a fronte di un ben preciso atto di indirizzo/determina a contrarre che contemplava un “soggetto unico” per l’espletamento dell’ intero servizio di riscossione dei tributi. Successivamente, però, erano stati realizzati due affidamenti diretti e stipulati due diversi contratti di appalto entrambi sotto la soglia dei 139 mila euro.
I giudici amministrativi, hanno ribadito che, secondo quanto previsto dall’ originaria delibera della stazione appaltante, i servizi avrebbero dovuto essere affidati ad un unico soggetto, motivo per cui va applicato l’art. 35, comma 6, del d.Lgs. n. 50/2016, il quale dispone che «un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice, tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino»: in altre parole, il frazionamento costituisce soluzione in ipotesi percorribile ma a condizione di rendere una adeguata motivazione giustificatrice del frazionamento stesso.
In questo caso le motivazioni della stazione appaltante non erano adeguate a supportare la scelta di dividere in due segmenti di attività il servizio di riscossione dei tributi. Di conseguenza, secondo il Consiglio di Stato, stante la conclamata assenza, in concreto, di una congrua motivazione, esplicativa dell’ esigenza di scindere in due segmenti il servizio di supporto alla riscossione e di riscossione coattiva, trova allora applicazione quel dato orientamento secondo cui: “In assenza di motivazione adeguata sulle ragioni del frazionamento, l’artificiosità del medesimo può essere dimostrata in via indiziaria”.
La sequenza storica degli avvenimenti, con il passaggio da un modello “a soggetto unico” ad un modello “a due soggetti” attraverso due distinti affidamenti diretti, peraltro gestiti “in parallelo” in termini temporali ed il tipo di attività da svolgere nell’ambito dei due servizi affidati, hanno indotto il Consiglio di Stato a ritenere “artificioso” il frazionamento dell’ appalto.
L’appello della stazione appaltante è stato quindi respinto in quanto l’inequivoco e unico indirizzo politico iniziale è stato poi di fatto platealmente disatteso, con evidente contraddittorietà dell’azione amministrativa che generava l’affidamento di due diverse commesse, a trattativa privata, senza tuttavia indicare delle ragioni plausibili per il frazionamento del servizio.
Il Consiglio di Stato ha anche fornito dei chiarimenti sulla legittimazione alla partecipazione ad una gara dell’operatore sollevato in precedenza da un incarico, ricordando quanto disposto dall’art. 80, comma 5, lettera c-ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016), ovvero che: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, qualora: c-ter) l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”.
La valutazione di inaffidabilità dell’operatore economico, in ragione di precedenti inadempimenti dai quali siano conseguiti provvedimenti di risoluzione, costituisce senza dubbio espressione di apprezzamento discrezionale ad opera della stazione appaltante.
Anche a un’impresa che si è vista risolvere il contratto non è precluso ripresentare la propria offerta/domanda di partecipazione alla successiva procedura indetta dall’amministrazione. Spetterà allora all’amministrazione dimostrare “con mezzi adeguati”, che non potranno ridursi unicamente al fatto storico della risoluzione, che l’impresa sia da considerare inaffidabile. L’impresa stessa potrà dal canto suo difendersi dall’eventuale causa di esclusione a prescindere dalle vicende della precedente risoluzione.