Crisi economica da Covid-19 e rinegoziazione dei contratti di affitto
Settembre 12, 2020Esenzione IMU prima casa e separazione di fatto
Novembre 7, 2020Il Consiglio di Stato con la sentenza 4514/2020 in materia di Appalti, si è pronunciato sulla legittimità della revoca dell’aggiudicazione di una gara per la realizzazione di un’opera pubblica nel caso in cui venga a mancare lo stanziamento economico posto a base dell’appalto stesso.
L’ impresa ricorrente partecipava alla gara di appalto per la costruzione di un’ opera pubblica classificandosi al primo posto della graduatoria e veniva, pertanto, invitata a trasmettere la documentazione necessaria alla stipula del contratto.
In seguito, a causa dell’ inerzia dell’Amministrazione alla sottoscrizione del contratto ed all’ avvio dei pagamenti in anticipo prodromici alla predisposizione del cantiere ed alla realizzazione dell’ opera, l’Impresa chiedeva la nomina di un commissario ad acta, ma, prima che questa intervenisse, il Comune comunicava l’avvio del procedimento di annullamento d’ufficio di tutta la gara.
Si rilevava che l’intervento oggetto di appalto era stato programmato in “overbooking”, ovvero in eccesso rispetto alla dotazione finanziaria e che la Regione non aveva adottato nessun decreto di copertura finanziaria.
Così, il Comune revocava definitivamente il bando di gara. Il Consiglio di Stato, analizzato il caso concreto, ha confermato la legittimità della revoca dell’aggiudicazione definitiva, in quanto, la perdita della copertura finanziaria prevista originariamente per un’opera pubblica, rappresenta una circostanza che può indurre l’amministrazione a rivalutare i motivi di interesse pubblico sottesi all’affidamento di un contratto ed è dunque riconducibile alla principale ipotesi di revoca di provvedimenti amministrativi.
Tuttavia bisogna fare attenzione in quanto le condizioni di criticità economica che hanno reso legittima la revoca (ovvero la carenza di risorse finanziarie), in realtà erano già conosciute dal Comune. Quantomeno a far data dalla nota con cui la Regione aveva diffidato l’ente locale ad avviare l’esecuzione degli interventi oggetto di finanziamento”.
Pertanto, questo elemento avrebbe dovuto indurre lo stesso Ente comunale a verificare la sussistenza nelle proprie casse delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dell’appalto. Alla luce di ciò, se da un lato può giustificarsi la revoca dell’Appalto (che attiene a profili di merito amministrativo), dall’ altro non lo è l’annullamento (che attiene a profili di legittimità).
Pertanto, sul Comune gravava il positivo obbligo di buona fede di verificare la perdurante sussistenza delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dell’appalto al fine di informare poi la ricorrente società, evitando che questa assumesse obblighi e sostenesse spese che non avrebbero comunque condotto alla stipula del contratto.
Poiché il danno risarcibile per responsabilità precontrattuale nella prospettiva non sanzionatoria, ma soltanto ripristinatoria, che connota tutto il sistema vigente della responsabilità civile è commisurato al pregiudizio (sub specie di lesione del c.d. interesse negativo) effettivamente sofferto dalla parte contraente, la sua liquidazione di tale danno risarcitorio non cambia a seconda della tipologia o della gravità della condotta contraria a buona fede ascritta alla pubblica amministrazione.