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Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 1444/2015, riferita all’utilizzo che ciascuno può fare dei propri immobili, siano essi ad uso commerciale o terziario (caso considerato dalla decisione), oppure residenziale o produttivo, ha sostanzialmente ampliato le possibilità di addivenire al cambio di destinazione d’ uso.
Secondo i giudici amministrativi di secondo grado, la disciplina sul mutamento della destinazione d’uso, cosi come da ultimo modificata attraverso l’ articolo 23-ter del Testo unico edilizia (Dpr 380/2001) ed introdotto dal decreto Sblocca Italia (Dl 133/2014) , manifesta “evidenti risvolti sulla tutela della proprietà”
Le conseguenze di questa affermazione sono molto importanti, atteso che nella materia dell’ordinamento civile (cui afferisce il diritto di proprietà) la potestà legislativa è di esclusiva competenza statale, per cui le leggi nazionali non possono essere disattese dalle regioni attraverso leggi locali o regolamenti ad hoc. Diversamente, se il cambio di destinazione d’uso dovesse appartenere solo alla materia urbanistica, si aprirebbero ancora spazi di autonomia legislativa per le Regioni.
Sulla base dell’ interpretazione che il Consiglio di Stato dà alla nuova norma dello “Sblocca Italia”,
esiste un mutamento rilevante della destinazione d’uso di un immobile, solo nel caso in cui l’utilizzo del bene comporti l’assegnazione di una diversa categoria funzionale. Esse sono: residenziale, turistico-ricettiva, produttiva-direzionale, commerciale e rurale;
Il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è, invece, sempre consentito.
La “Destinazione d’uso” di un fabbricato, intesa in senso urbanistico, è quella impressa all’immobile al momento del rilascio del titolo abilitativo edilizio. Per cambio d’uso si intende, pertanto, la modifica della destinazione d’uso originariamente appartenente all’immobile attraverso il relativo titolo abilitativo edilizio, in favore di un’ altra destinazione d’uso. La modifica della destinazione d’uso assume rilevanza anche economica quando comporta un aumento del carico urbanistico.
Il mutamento d’uso può avvenire con o senza opere edilizie. I mutamenti di destinazione con opere, sono soggetti al regime che regola le opere medesime. I mutamenti senza opere, se urbanisticamente rilevanti, possono essere invece subordinati alla corresponsione in favore del Comune del conguaglio degli oneri di urbanizzazione e al reperimento di una dotazione aggiuntiva di aree destinate a servizi.
Il compito di autorizzare o di prendere atto dei cambi di destinazione d’uso è attribuito ai Comuni. Spetta sempre ai Comuni determinare, nel rispetto delle disposizioni nazionali e regionali, la misura degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria connessi all’insediamento delle singole funzioni urbanistiche, nonché il compito di quantificare la dotazione di aree per servizi dovute in relazione a ciascuna funzione da insediare. Gli oneri sono aggiornati ogni cinque anni.
L’onerosità o meno di un cambio d’uso dipende da diversi fattori. Innanzitutto, occorre stabilire se l’intervento sia attuato con o senza la realizzazione di opere edilizie.
Le Regioni devono stabilire con legge, quali mutamenti connessi o non connessi a trasformazioni fisiche dell’uso di immobili, sono subordinati a permesso di costruire o a Scia. All’interno della stessa categoria funzionale il cambio è libero.