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Agosto 1, 2018Colpa medica per omessa diagnosi e risarcimento del danno da sofferenza pre morte
L’agonia protrattasi, anche per breve tempo, sino alla morte del soggetto a seguito di una colposa omessa diagnosi di una patologia già in corso, rappresenta un danno per lesioni dell’integrità psicofisica del soggetto stesso e, come tale, deve essere risarcita.
Lo stabilisce la prima sezione civile del Tribunale di Milano, con sentenza 2814/2018 del 9 marzo 2018.
Un uomo, colto da improvviso e fortissimo dolore al torace, viene trasportato per accertamenti presso il Pronto Soccorso di un Istituto clinico dove, all’esito della visita di controllo, il personale medico ritiene che non sussistano acuzie cardiologiche, provvedendo, quindi, a dimetterlo il giorno stesso.
All’uomo viene consigliato di assumere anti infiammatori minori, in caso di persistenza della sintomatologia. E così fa il paziente nei giorni successivi al malore, proprio a causa del protrarsi del dolore. Fino a che, qualche giorno dopo, lo stesso subisce un arresto cardiocircolatorio, a seguito del quale decede. Con atto di citazione, la moglie, i figli, la madre ed i fratelli dell’uomo, convengono in giudizio l’Istituto clinico per accertare l’inadempimento alle prestazioni professionali sanitarie in relazione alla vicenda accaduta e chiedendone, contestualmente, la condanna al risarcimento del danno.
Nel corso del processo, alla luce delle risultanze della relazione del medico-legale, emerge che il decesso dell’uomo è stato causato da una dissecazione dell’aorta già in corso al momento del ricovero in Pronto Soccorso e, perciò, non correttamente diagnosticata al momento della visita, pur presentando il paziente i segnali clinici che avrebbero dovuto porre in allarme il personale medico.
Il Tribunale di merito ritiene accertata la responsabilità professionale a capo della struttura sanitaria, unica convenuta, per inadempimento contrattuale del contratto di spedalità.
Sul punto, anche la Corte di Cassazione afferma, in modo da ritenersi orientamento del tutto consolidato, che la responsabilità della struttura sanitaria (privata o pubblica) sia da inserire nell’ambito contrattuale, sul rilievo che l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto atipico (cd contratto di spedalità o di assistenza sanitaria) che si perfeziona anche per fatti concludenti laddove si abbia anche solo l’accettazione del malato presso la struttura (Cassazione civile, Sezioni unite, 577/08 e Cassazione civile 8826/2007).
Nella pronuncia di merito, in particolare, il Giudice offre anche un’interpretazione sul tema del risarcimento per il danno da agonia del congiunto, trasmissibile iure hereditatis ai discendenti, che si concretizza nello stato di sofferenza spirituale che la vittima subisce a causa della lucida percezione dell’avvicinarsi del fine-vita.
Il Tribunale ricorda, sul punto, i diversi orientamenti giurisprudenziali: uno designa tale danno come biologico terminale, liquidabile come invalidità assoluta temporanea (sia utilizzando il criterio equitativo puro che con le apposite tabelle) mentre un diverso orientamento lo classifica come catastrofale, in riferimento alla sofferenza provata dalla vittima nella cosciente attesa della morte seguita dopo apprezzabile lasso di tempo dalle lesioni.
Tuttavia, esistono differenze sul piano probatorio ed il Tribunale di Milano ricorda come il danno catastrofale richieda, appunto, la prova della lucida e cosciente percezione dell’ineluttabilità della propria fine da parte della vittima (ex multis, Cassazione civile 13537/2014).
Nel caso di specie, il Tribunale di merito afferma che, senza dubbio, tale danno è entrato nel patrimonio della vittima, proprio a causa del rapido aggravarsi della patologia che poi si è risolta con il decesso del soggetto.