Obbligo di vigilanza sulle strade
Ottobre 22, 2015Studio Legale Roma
Ottobre 25, 2015Concessione in Sanatoria
In materia di abuso edilizio, la concessione in sanatoria, i reati satelliti e l’ accertamento di conformità.
In base all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, se l’autorità amministrativa non si pronuncia sull’istanza di accertamento di conformità nel termine di 60 giorni, la richiesta è da considerare come respinta.
E’ stato chiarito in giurisprudenza che il silenzio serbato dall’amministrazione sulla domanda di sanatoria ai sensi del citato art. 36, al pari di quanto precedentemente previsto dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985, ha valore provvedimentale ed è qualificabile come silenzio “rigetto” e non come silenzio “inadempimento”.
Ne consegue che l’interessato, di fronte al silenzio-rigetto dell’amministrazione, ha l’onere di proporre una tempestiva impugnativa nel termine previsto dall’art. 29 c.p.a. essendo da escludere che l’amministrazione, una volta formato il silenzio-rigetto, abbia un obbligo di provvedere suscettibile di contestazione mediante l’azione di cui all’art. 117 c.p.a..
Tale rimedio ha lo scopo di provocare l’esercizio del potere amministrativo previo accertamento dell’illegittimità dell’inerzia, consistente nella violazione dell’obbligo di concludere un procedimento mediante un provvedimento espresso, purché la legge non assegni al silenzio un significato tipico, di assenso o di diniego, rispetto all’istanza presentata dall’interessato.
Quando l’inerzia ha valore significativo di silenzio-rigetto, non è ammissibile un’impugnazione del silenzio-rifiuto che sarebbe equivalente ad una rimessione in termini per la contestazione del diniego. Peraltro giova soggiungere che, anche nel caso di impugnazione del comportamento omissivo dell’amministrazione, è comunque previsto un termine decadenziale per la proposizione del ricorso, fissato dall’art. 31 c.p.a. in un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.
In conclusione, nella specie il ricorso va respinto in quanto non sussiste obbligo di provvedere da parte del Comune sull’istanza in questione.
Né ha rilevanza a tale fine il fatto che lo stesso Comune abbia dato notizia della persistente pendenza del relativo procedimento. Infatti il termine previsto per la formazione dell’atto tacito di rigetto non ha natura decadenziale, per cui l’amministrazione non perde il relativo potere di provvedere in merito, fermo restando che tale potere ha carattere discrezionale, per cui non sussiste un obbligo di provvedere alla conclusione del procedimento, al pari di quanto si verifica per l’esercizio del potere di autotutela. l’interessato, di fronte al silenzio-rigetto dell’amministrazione, ha l’onere di proporre una tempestiva impugnativa nel termine previsto dall’art. 29 c.p.a. essendo da escludere che l’amministrazione, una volta formato il silenzio-rigetto, abbia un obbligo di provvedere suscettibile di contestazione mediante l’azione di cui all’art. 117 c.p.a. (cfr. TAR Campania, sez. III, 31/03/2015, n. 1874).
Infatti tale rimedio ha lo scopo di provocare l’esercizio del potere amministrativo previo accertamento dell’illegittimità dell’inerzia, consistente nella violazione dell’obbligo di concludere un procedimento mediante un provvedimento espresso, purché la legge non assegni al silenzio un significato tipico, di assenso o di diniego, rispetto all’istanza presentata dall’interessato (cfr. Cons. St., sez. III, 03/03/2015, n. 1050).
Quando l’inerzia ha valore significativo di silenzio-rigetto, non è ammissibile un’impugnazione del silenzio-rifiuto che sarebbe equivalente ad una rimessione in termini per la contestazione del diniego. Peraltro giova soggiungere che, anche nel caso di impugnazione del comportamento omissivo dell’amministrazione, è comunque previsto un termine decadenziale per la proposizione del ricorso, fissato dall’art. 31 c.p.a. in un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento
Inoltre, consolidata e recente giurisprudenza di legittimità e di merito (Cass. Penale, Sez. III, 01/09/2010 (Ud. 01/07/2010), Sentenza n. 32547, Tribunale di Cassino – Sez. penale, sentenza del 01 febbraio 2010) ritiene che l’efficacia estintiva della sanatoria è limitata ai reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti e non si estende ad altri reati correlati alla tutela di interessi diversi quali quelli previsti dalla normativa sulle opere in cemento armato, sulle costruzioni in zone sismiche oppure di tutela delle aree di interesse ambientale.
Di diverso avviso, invece, il Tribunale di Termini Imerese che con sentenza del 21 maggio 2013, accogliendo la tesi difensiva degli avvocati dell’imputato, secondo cui il rilascio della concessione in sanatoria, ex artt. 13 Legge n. 47 del 1985 e 45 D.P.R. n. 380 del 2001, estingue non solo il reato previsto e punito dall’art. 44, lettera b), D.P.R. n. 380 del 2001, ma anche i c.d. “reati satelliti”, ovvero, nel caso di specie, quelli previsti e puniti dagli artt. 64 e 71, 65 e 72, 83 e 95 del D.P.R n. 380 del 2001.
Dalla sentenza in questione emerge che il Tribunale di Termini Imerese ha ritenuto che la nozione di “reati urbanistici”, come quelli riguardanti la disciplina del corretto e razionale uso edile del territorio va estesa anche ai reati “edilizi minori” o “reati satellite”, ovvero quelli previsti dalla normativa sulle opere in cemento armato, sulle costruzioni in zone sismiche oppure di tutela delle aree di interesse ambientale, con la conseguenza di non doversi procedere anche in ordine a tali reati.