Imprese e contratti a termine: novità legislative
Settembre 14, 2021Avvocato Roma
Ottobre 25, 2021Si possono installare delle videocamere sul balcone di casa per riprendere le parti comuni del condominio?
Un tale comportamento potrebbe configurare qualche particolare figura di reato oppure è consentito farlo Riprendere le parti comuni del condominio (scale, giardino, parcheggi, etc.) costituisce una violazione della privacy?
La risposta a tutte queste domande le fornisce la quinta sezione penale della Suprema corte di Cassazione con la sentenza n.30191/2021 che proprio in materia di video-sorveglianza, ha affermato che non integrano i reati di cui agli artt. 612 bis, 615 e 615 bis del codice penale le telecamere installate in una abitazione che riprendono il parcheggio del condominio. In pratica, secondo i giudici di legittimità, la ripresa delle parti comuni del condominio al fine di accertare la commissione di illeciti, non configura né il reato di violazione di domicilio né quello di interferenza illecita nella vita privata altrui.
Il Collegio osserva che non sussistono gli estremi del delitto di interferenze illecite nella vita privata di cui all’art. 615 bis c.p.. In casi del genere, infatti, l’esegesi di questa Corte ha sostenuto che l’uso di telecamere installate all’interno della propria abitazione, che riprendono l’area condominiale destinata a parcheggio ed il relativo ingresso, non configura detta fattispecie, trattandosi di luoghi destinati all’uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela della norma incriminatrice, la quale concerne, sia che si tratti di “domicilio”, di “privata dimora” o “appartenenze di essi”, una particolare relazione del soggetto con l’ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza (Sez. 5, n. 44701 del 29/10/2008, Caruso, Rv. 242588; Sez. 5, n. 44156 del 21/10/2008, Gottardi, Rv. 241745). Lo stesso principio è stato ribadito quanto alle scale condominiali ed ai pianerottoli, giacchè essi non assolvono alla funzione di consentire l’esplicazione della vita privata al riparo di sguardi indiscreti, essendo destinati all’uso di un numero indeterminato di soggetti
(Sez. 5, n. 34151 del 30/05/2017, Tinervia, Rv. 270679).
Quanto alla natura di dette prove, il Collegio intende dare seguito alla giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere di sicurezza sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 c.p.p., sicchè i fotogrammi estrapolati da detti filmati ed inseriti in annotazioni di servizio non possono essere considerati prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale di inutilizzabilità (Sez. 5, n. 31831 del 06/10/2020, Comune, Rv. 279776; Sez. 5, n. 21027 del 21/02/2020, Nardi, Rv. 279345; Sez. 2, n. 6515 del 04/02/2015, Hida, Rv. 263432). Nella sentenza Comune, questa Corte ha altresì precisato -e ciò smentisce un’altra censura che si legge nel ricorso – che le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere di sicurezza – siccome prove documentali rappresentative – non necessitano, per la loro utilizzazione in giudizio, della diretta visione nel contraddittorio delle parti, alle quali è garantito il diritto di prenderne visione e di ottenerne copia.
In ordine alla pretesa violazione della normativa sulla privacy, è legittimamente acquisito ed utilizzato ai fini dell’affermazione della responsabilità penale un filmato effettuato con un telefonino ovvero quello eseguito grazie ad un sistema di videosorveglianza a prescindere dalla conformità alla disciplina sulla privacy, la quale non costituisce sbarramento all’esercizio dell’azione penale (Sez. 5, n. 2304 del 28/11/2014, dep. 2015, Chfouka, Rv. 262686; Sez. 2, n. 6812 del 31/1/2013, non massimata).