Ampliato il diritto della difesa all’ascolto delle intercettazioni
Agosto 1, 2018Diritti dell’uomo, la complessità dell’ accesso alla Cedu
Ottobre 8, 2018La Corte di Cassazione, con sentenza del 19 luglio 2018 n. 19151 e con la precedente n.243 del 10 gennaio 2017, in tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, ha evidenziato che il genitore che agisce per il risarcimento del danno avverso il medico presunto colpevole di omessi accertamenti diagnostici pre natali, ha l’onere di provare che la partoriente avrebbe esercitato la facoltà d’interrompere la gravidanza, ricorrendone le condizioni di legge, ove fosse stata tempestivamente informata dell’anomalia del feto.
Quest’onere può essere assolto, in base a presunzioni desumibili dagli elementi di prova, quali il ricorso al consulto medico proprio per conoscere lo stato di salute del nascituro o le sue pregresse manifestazioni di pensiero propense all’opzione abortiva in caso di figlio non sano, gravando sul medico la prova contraria, che la donna non si sarebbe
determinata all’aborto per qualsivoglia ragione personale.
Qualora risulti, afferma la Suprema Corte, che il medico ginecologo, cui fiduciariamente una gestante si sia rivolta per accertamenti sulle condizioni della gravidanza e del feto, non abbia adempiuto correttamente la prestazione, per non avere prescritto l’amniocentesi ed all’esito della gravidanza il feto nasca con una sindrome o malformazione che
quell’accertamento avrebbe potuto svelare, la mera circostanza che, due mesi dopo la prestazione, la gestante abbia rifiutato di sottoporsi all’amniocentesi, non elide l’ inadempimento professionale, relativamente alla perdita della “chance” di conoscere lo stato della gravidanza fin dal momento in cui si è verificato, e, conseguentemente, ove la gestante lamenti di aver subito un danno alla salute psico-fisica, per aver avuto la “sorpresa” riguardo alla condizione patologica del figlio solo al termine della gestazione (occorrendo inoltre, secondo i giudici, accertare in concreto che sul rifiuto non abbia influito il convincimento ingenerato nella gestante dalla prestazione erroneamente eseguita). La perdita di tale chance dev’essere considerata parte del danno ascrivibile all’inadempimento del medico.
Sempre la Corte di Cassazione con sentenza dell’ 8 marzo 2016 n. in tema di controlli ecografici sul feto, ha sancito l’obbligo gravante sulla struttura sanitaria e sullo stesso medico strutturato, che abbia concretamente operato la diagnosi, di informare prontamente la paziente di poter ricorrere a centri di più elevata specializzazione nel caso in cui non si sia in possesso di strumentazioni adeguate a verificare adeguatamente le condizioni effettive del nascituro.
Sorge responsabilità del medico e della struttura sanitaria, se questi hanno assunto la prestazione diagnostica pur non disponendo di attrezzature idonee ed all’ avanguardia, così da ingenerare nella paziente l’affidamento che il risultato diagnostico ottenuto (di normalità fetale) sia quello ragionevolmente conseguibile in modo definitivo.
Il medico è comunque tenuto ad avvisare il paziente del livello di affidabilità degli strumenti diagnostici, così da non determinare nel paziente l’insorgere di un incolpevole affidamento sulla sicura bontà dell’esame strumentale.