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Gennaio 20, 2023“Il gestore di un motore di ricerca è, di fatto, responsabile del trattamento effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da altri”. Così si sono espressi di recente i Giudici della Corte di Cassazione.
Nel caso sopra indicato, Google deve garantire il diritto all’oblio del privato cittadino e deve rendere non raggiungibili dal suo motore di ricerca le notizie non aggiornate su di una vicenda giudiziaria di cui il richiedente è stato protagonista nel passato e non più attuale in quanto archiviato.
Per di più, il gestore di un motore di ricerca, deve cancellare le pagine web anche nelle versioni extraeuropee se le circostanze lo richiedono, ad esempio se si tratta di una persona fisica o di una società che ha interessi anche fuori dall’Unione Europea.
Il diritto personale all’ oblio e le pubblicazioni di notizie su internet
Può essere il Garante della privacy italiano ad ordinare la cancellazione dei dati ormai non più veritieri: l’ordinamento costituzionale non consente una tutela ai soli ventisette Paesi Ue, per quanto la cancellazione debba avvenire bilanciando il diritto alla riservatezza con la libertà d’informazione. Questi importanti principi emergono da un’ordinanza pubblicata il 24 novembre 2022 dalla prima sezione civile della Cassazione.
Nel caso specifico è stato accolto il ricorso del Garante per la protezione dei dati personali e la Suprema Corte ha deciso nel merito respingendo il ricorso di Google, che, per altro, già aveva rimosso autonomamente le pagine incriminate dalle versioni europee del motore di ricerca riscontrando la richiesta dall’interessato, che tuttavia risiedeva a Dubai.
Quando l’indagine è stata archiviata dal gip per infondatezza della notizia di reato, il manager protagonista della vicenda si occupava di intermediazione di progetti imprenditoriali in Medio Oriente. Per i giudici di legittimità, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ribadito che “Il diritto all’oblio, d’altronde, consiste nel non rimanere esposti senza limiti di tempo a una rappresentazione non più attuale della propria persona: si configura la lesione alla reputazione e alla riservatezza, se risulta ancora disponibile sul web ma relativa a fatti del passato rispetto ai quali manca l’interesse pubblico alla conoscenza”.
Pertanto, in tali casi, si deve procedere con la deindicizzazione, la quale, non elimina il contenuto ma lo rende direttamente non accessibile tramite i motori di ricerca esterni all’archivio in cui si trova.
In tal senso, la sentenza C-507/2017 della Corte di giustizia europea, aveva esplicitato che il diritto eurounitario non vieta agli Stati membri di consentire la cancellazione dei dati anche fuori dalla Unione Europea. Dunque, come stabilito dalla Corte di Cassazione, l’Italia può consentire una tutela piena della vita privata e dei dati personali anche oltre l’Europa, “visto che i dati circolano sulla rete con modalità liquide e pervasive”