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Per costituire una Srl in Italia, è oggi possibile scegliere tra ben tre tipologie.
Srl tradizionale, la Srl semplificata destinata a imprenditori under 35 e la Srl a capitale ridotto aperta a tutti.
La Srls (società a responsabilità limitata semplificata) è stata introdotta dal decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27 (l’articolo 3 introduce un apposito articolo del codice civile, il 2463-bis) e dal 29 agosto è possibile costituirla in base al decreto ministeriale 23 giugno 2012, n. 138(dicastero della Giustizia con l’Economia e lo Sviluppo Economico), che contiene il modello standard di statuto societario.
La Srlcr (srl a capitale ridotto) è stata invece introdotta dal decreto sviluppo, Dl 22 giugno 2012, n. 83, convertito con la legge 7 agosto 2012, n. 134 (articolo 44).
Srls e srlcr: analogie
- Requisito di capitale da un euro a 9.999 euro.
- Possono essere aperte da una o più persone fisiche.
- Il capitale sociale deve essere sottoscritto e interamente versato all’atto della costituzione.
- Nell’atto costitutivo, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione telematica ad accesso pubblico bisogna sempre specificare la denominazione sociale “società a responsabilità limitata semplificata” oppure “società a responsabilità limitata a capitale ridotto“, l’ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l’ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta.
Srl a capitale ridotto: differenze
Età: la Srls non può essere aperta da soci sopra i 35 anni, inoltre è vietato cedere quote a soci che non hanno il requisito di età, pena la nullità dell’atto.
Atto costitutivo: nella srls deve corrispondere, integralmente e senza modifiche, al fac-simile standard mentre nella srlcr basta che contenga i seguenti elementi (elencati dall’art 2563 bis del codice civile):
- Cognome, nome, data e luogo di nascita, domicilio, cittadinanza di ciascun socio.
- Denominazione sociale con indicazione di società a responsabilità limitata semplificata e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie.
- Ammontare del capitale sociale, sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Il conferimento deve essere in denaro e versato all’organo amministrativo.
- Attività che costituisce l’oggetto sociale.
- Quota di partecipazione di ciascun socio.
- Norme relative al funzionamento della società, l’amministrazione, la rappresentanza.
- Le persone cui è affidata l’amministrazione e l’eventuale soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti.
- Luogo e data di sottoscrizione.
- Amministratori.
Spese di apertura: la srls è più economica in quanto non si pagano imposte di bollo, diritti di segreteria e onorario
notarile. Per aprirla si spendono 168 euro di imposta di registro più le tasse camerali. Non ci sono invece esenzioni integrali per la srlcr, infatti è stato stabilito che il ministero della Giustizia fissi un importo massimo per il rimborso spese che il notaio può chiedere per le srl di soci con più di 35 anni.
Gli amministratori: nella Srls è obbligatorio che l’organo amministrativo (sia esso costituito da un cda o da un amministratore unico) sia formato da soci. Nella Srlr, invece, come recita il comma 2 dell’art. 44 del decreto sviluppo, per disposizione dello stesso atto costitutivo l’amministrazione della società può essere affidata a una o più persone fisiche anche diverse dai soci.
Uno dei principali problemi che gli esperti indicano in relazione alle Srl a un euro è l’accesso al credito: difficile ipotizzare che le banche concedano grandi finanziamenti ad aziende con requisiti di capitale minimi.
Per gli imprenditori under 35, però, potrebbe esserci in vista la possibilità di ottenere credito a condizioni agevolate.
Lo prevede il comma 4 bis dell’articolo 44 della legge 7 agosto 2012, n.134, secondo cui il ministero dell’Economia si impegna a promuovere un accordo con l’Abi, associazione banche italiane, «per fornire credito a condizioni agevolate ai giovani di età inferiore a 35 anni che intraprendono attività imprenditoriale attraverso la costituzione di una società a responsabilità limitata a capitale ridotto».
Il decreto crescita 2.0 (d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, in l. n. 221/2012) ha introdotto nel nostro ordinamento la startup innovativa, definita come società di capitali o cooperativa, non quotata, costituita da non più di sessanta mesi e dotata di determinati requisiti, tra i quali, maggiormente rappresentativi, il divieto di distribuire utili per cinque anni e lo svolgimento di un’attività caratterizzata da elevata innovazione e tecnologia.
Coerentemente con l’obiettivo esplicito di creare un contesto più favorevole all’imprenditorialità e all’innovazione, l’art. 26 del decreto ha esteso alle startup innovative costituite in forma di società a responsabilità limitata, la possibilità di avvalersi di alcuni strumenti giuridici che nella prassi internazionale sono comunemente utilizzati per favorire il reperimento di capitali e l’incentivazione delle risorse umane da parte delle giovani imprese, ma che nel diritto comune italiano sono previsti esclusivamente per le società per azioni: la creazione di diverse categorie di quote di partecipazione al capitale e di strumenti finanziari dotati di particolari diritti partecipativi; la possibilità di compiere operazioni su quote proprie.
Si noti peraltro che il c.d. investment compact (d.l. n. 3/2015) ha introdotto nel nostro ordinamento la figura della Piccola Media Impresa innovativa (PMI innovativa), e ha esteso anche alle PMI innovative costituite in forma di s.r.l. le deroghe al diritto societario di cui all’art. 26 del decreto crescita 2.0. Nel prosieguo del testo ci si riferirà dunque alla s.r.l. innovativa per indicare sia la startup innovativa, sia la PMI innovativa, costituita in forma di s.r.l.
Nelle s.r.l. innovative è consentito derogare al divieto di compiere operazioni sulle proprie partecipazioni previsto per s.r.l. ordinarie dall’art. 2474 c.c., qualora l’operazione sia compiuta in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l’assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell’organo amministrativo, prestatori di opera e servizi anche professionali (art. 26, comma 6, d.l. 179/2012).
La Srl tradizionale
Tutte queste novità, naturalmente, non riguardano la costituzione di una normale Srl, che continua a essere regolamentata dagli articoli da 2462 a 2483 del Libro V, Capo VII del Codice Civile.
L’analogia fra la Srl tradizionale e le due nuove forme societarie recentemente introdotte riguarda appunto la responsabilità limitata: per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio.
Come è noto, per aprire una Srl normale è necessario un capitale sociale minimo di 10mila euro. Non c’è un tetto massimo: se però il capitale sociale raggiunge la cifra minima prevista per le società per azioni (120mila euro) è obbligatoria la nomina di un collegio sindacale.
In generale, la costituzione di una normale Srl è molto più complessa rispetto a quella delle due nuove forme societarie appena previste, e l’atto costitutivo può prevedere molte norme relative all’amministrazione della società, al recesso o all’esclusione dei soci, al controllo dei conti, ai termini per l’approvazione del bilancio, alle competenze dei soci e degli amministratori.
La società a responsabilità limitata consente di usufruire di una serie di vantaggi per chi non se la sente di rischiare per i debiti che potrebbero derivare dall’attività e di assumere una responsabilità illimitata e solidale col patrimonio sociale (cosa che succede, invece, con le società di persone come la S.n.c.).
Il capitale sociale minimo richiesto in questa tipologia è di 10.000 euro.
Nella Srl si può conferire, oltre al denaro, anche beni, crediti e prestazioni lavorative.
La Srl è una società di capitali e, come tale, dotata di autonomia patrimoniale perfetta. Ciò significa che essa – e solo essa (non anche i soci) – risponde per i suoi debiti, contratti nell’esercizio dell’attività sociale, e ne risponde solo con il suo patrimonio (quindi con il capitale sottoscritto, anche se non ancora versato per intero; con i beni presenti, con i crediti verso terzi, ecc.).
La responsabilità dei soci, pertanto, è limitata ai conferimenti ed essi non possono in alcun modo essere chiamati a rispondere dei debiti della società.
Se il patrimonio sociale non bastasse a coprire i debiti contratti dalla Srl, ai creditori non resterebbe che dolersi con sé stessi per aver accordato la propria fiducia a una società che non offriva sufficienti garanzie.
Al massimo, i creditori potranno chiedere una dichiarazione di fallimento; ma anche in questo caso per i soci non vi sono conseguenze sotto il profilo patrimoniale e il tribunale andrà a liquidare solo i beni della Srl e non quelli dei soci, che potranno quindi iniziare anche nuove attività senza subire alcun pregiudizio.
La sentenza che condanna l’amministratore di una Srl al risarcimento dei danni causati alla società non può contenere anche la revoca cautelare dello stesso amministratore.
Lo afferma il Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia d’impresa , in una decisione del 24 agosto 2016.
Sul punto, la sentenza ricorda che la riforma del diritto societario non ha più previsto la decadenza automatica dalla carica di amministratore dopo la delibera assembleare che decide di esercitare l’azione di responsabilità.
Il Dlgs 6/2003 ha, piuttosto, riscritto l’articolo 2476, che al comma 3 dispone che ciascun socio, oltre a poter promuovere l’azione di responsabilità contro gli amministratori, può anche chiedere, «in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi».
Il fatto che la revoca abbia come presupposto l’esistenza di gravi irregolarità dimostra che la stessa è stata prevista dal legislatore per evitare che sia portato a ulteriori conseguenze il danno dovuto al comportamento denunciato dal socio.
Peraltro, «l’espressione “gravi irregolarità” – prosegue il Tribunale – evoca significati a essa attribuiti lungo decenni di utilizzo della norma di cui all’articolo 2409 del Codice civile».
Infatti, nell’applicazione di tale normativa, si è sempre sottolineato («qualunque fosse il comportamento concreto» censurato) che la denuncia delle gravi irregolarità compiute dagli amministratori punta a tutelare l’interesse dei soci di minoranza «al ripristino della corretta gestione della società». Sicché la revoca prevista dall’articolo 2409 costituisce un provvedimento «di tutela reale, non obbligatoria».
La misura cautelare stabilita nell’articolo 2476, dunque, non mira a prevenire il rischio che non abbia attuazione la condanna al risarcimento, ma ha piuttosto «il fine di scongiurare l’aggravarsi dei danni» (oltre «un’inevitabile portata sanzionatoria degli amministratori»).
La stessa si può dunque disporre in presenza «dell’urgenza di provvedere con lo strumento dell’ordinanza» per impedire il «pericolo di reiterazione delle condotte inadempienti» e solo «nel corso di un giudizio di cognizione di responsabilità sociale».