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Cassazione Civile, sez. III, sentenza 19/01/2016 n° 768
La regola civilistica dell’accertamento del nesso causale (“più probabile che non”) va verificata nell’ambito degli elementi disponibili nel caso concreto (c.d. “probabilità logica”).
Il Tribunale di Milano rigettava la domanda per negligente prestazione operatoria, malgrado il CTU avesse accertato «pur evidenziando l’impossibilità di accertare con esattezza il grado di danno rispetto alla situazione menomativa verificatasi sulla persona dell’appellante, ove l’intervento chirurgico fosse stato tempestivo», aveva altresì rimarcato che, in caso di intervento entro le 24 h. dal c.d. punto zero, «la probabilità di permanenza di “sequele invalidanti della funzione sfinterica e sessuale” si attesta su una percentuale del 30%, così arguendo, sulla scorta della percentuale residua del 70%, che, in caso di tempestivo intervento, sussisteva una «elevata probabilità di pervenire ad una guarigione totale, del tutto esente da postumi del soggetto leso».
Il Supremo Collegio, dopo aver distinto l’accertamento del nesso causale in sede penale (“oltre ogni ragionevole dubbio”) da quello in sede civile (“più probabile che non”), afferma che l’ultimo criterio legato alla “certezza probabilistica” non può essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classe di eventi (cd. probabilità quantitativa), ma va verificato riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica).
In questa linea, la Corte di Cassazione si affida ad una datata giurisprudenza delle Sezioni Unite (30 ottobre 2001 n. 13533 e 11 gennaio 2008 n. 577): nell’ambito dell’azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni c.d. “di comportamento” coincidenti con quelle tradizionalmente definite di mezzi, in cui è la condotta del debitore ad essere dedotta in obbligazione – non è qualunque inadempimento, ma solo quello astrattamente idoneo alla produzione del danno.
Quindi, accanto all’accertamento statistico dell’eventuale esito negativo in caso di intervento eseguito in emergenza chirurgica o anche solo nelle 24 ore, rileva il caso concreto: individuazione del cd. “punto zero”, chiarezza della sintomatologia sin dal momento del ricovero, ritardo nell’ iter diagnostico e nel conseguente intervento chirurgico. Perviene, così, al convincimento che l’intervento eseguito più di 48 h dopo il ricovero e, quindi, ben oltre il timing ottimale, nega l’accesso a quella “elevata probabilità” di guarigione del tutto esente da postumi, che, in caso di tempestivo intervento, avrebbe avuto. Viene condannata così la struttura ospedaliera al risarcimento del danno subito dal soggetto leso a causa di un intervento eseguito con ritardo colposo.