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Luglio 1, 2016Principali novità della “legge sulle unioni civili ” (2081/2016)
Il Disegno di Legge sulle Unioni Civili n.2081/2016 (cd. Legge Cirinnà) è stato approvato l’11 maggio 2016, senza modifiche, introducendo nell’ordinamento italiano delle norme specifiche per le unioni civili e i conviventi di fatto.
Il disegno di legge è stato pubblicato il 20 maggio 2016 sulla Gazzetta Ufficiale, ed entrerà in vigore il 5 giugno 2016. La legge è composta da un unico articolo suddiviso in due parti: le unioni civili tra persone dello stesso sesso ai commi 1-35; le convivenze di fatto ai commi 36-67.
La legge che disciplina le coppie di fatto introduce una serie di novità nei rapporti patrimoniali fra i partner, a partire dall’uso della casa familiare. Vale la pena di approfondirle.
Per le coppie omosessuali ci sono le unioni civili, che prevedono diritti e doveri e che le avvicinano a quelle sposate. Poi ci sono le convivenze di fatto, per coppie etero e same sex, che dispongono solo obblighi reciproci.
Unioni Civili
Nelle unioni civili si applica il regime della comunione dei beni, a meno di accordi contrari. Al partner spetta dunque il trattamento di fine rapporto maturato oltre che la pensione di reversibilità. Per la successione valgono le norme sui matrimoni: al superstite va la quota di legittima, vale a dire il 50 per cento e il resto va a eventuali figli (che prima della riforma sarebbero stati unici beneficiari di reversibilità, eredità e Tfr maturato dal genitore). Secondo l’analisi compiuta da Mutui.it , ognuna delle parti di un’unione civile potrà non soltanto detrarre la propria quota di interessi passivi – il 19 per cento fino a un massimo di 4 mila euro – ma anche detrarre il 100 per cento se ha fiscalmente a carico il partner.
E può anche accadere, come nelle famiglie tradizionali, che dopo la separazione la casa sia assegnata a uno e che l’altro continui a pagare le rate senza avere la residenza nell’immobile.
Convivenza di fatto
I partner possono regolare i rapporti economici della loro vita comune con un contratto di convivenza: va redatto in forma scritta a pena di nullità con atto pubblico o scrittura privata e sottoscrizione autenticata dal notaio o dall’avvocato. Il patto disciplina la residenza, il contributo di ciascuno al ménage e il regime patrimoniale, che può essere la comunione dei beni. E non può essere sottoposto a termine o condizione. In caso di risoluzione se chi recede dall’accordo ha la disponibilità esclusiva della casa familiare deve concedere al convivente un termine di almeno novanta giorni per lasciare l’abitazione, a pena di nullità della dichiarazione.
Sul punto la legge si rifà alla giurisprudenza della Cassazione: con la sentenza 7214/13 la suprema corte ha chiarito che la famiglia di fatto è una delle formazioni sociali tutelate dalla Costituzione e che, finita la relazione affettiva, il partner proprietario dell’abitazione deve concedere all’altro un termine congruo per trovarsi un’altra sistemazione. Poniamo invece che muoia il proprietario della casa dove i conviventi di fatto hanno la residenza comune: in tal caso il partner superstite ha diritto di continuare a vivere nell’abitazione nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. E se nella casa vivono figli minori o disabili del convivente superstite, quest’ultimo ha diritto di continuare ad abitarvi per almeno tre anni. Il diritto alla casa viene meno quando il partner superstite non vi abita più stabilmente o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.
Veniamo alla locazione. Se l’inquilino muore o recede dalla locazione della casa dove la coppia ha la residenza comune il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.
E per le case popolari? I conviventi di fatto possono godere del titolo o della causa di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica costituito dall’appartenenza a un nucleo familiare. Se dal contratto di convivenza derivavano diritti reali immobiliari al relativo trasferimento deve provvedere un notaio. Il contratto di convivenza si risolve per accordo delle parti, recesso unilaterale, matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un’altra persona, oltre che per morte di uno dei contraenti. La risoluzione del contratto di convivenza determina lo scioglimento della comunione dei beni.
E in caso di recesso unilaterale, il notaio o l’avvocato che ricevono l’atto devono notificarne una copia all’altro contraente. Questa normativa ha riflessi anche a livello aziendale, tra congedi matrimoniali, assegni per il nucleo familiare e detrazioni fiscali per carichi di famiglia per le unioni civili. La legge sulle unioni civili e le coppie (L. 76/2016) di fatto impatta notevolmente sul mondo del lavoro tra permessi per congedi matrimoniali, assegni per il nucleo familiare e detrazioni fiscali per carichi di famiglia; con rischio di appesantimento (e di errori) da parte dei consulenti del lavoro e dei responsabili degli uffici del personale.
L’art.1, al comma 20 infatti prevede che: “Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge»,«coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.” Pertanto anche tutta la disciplina prevista per il mondo del lavoro deve riadattarsi alla luce di questo cambiamento. Si precisa che lo stesso comma 20 disciplina invece diversamente “l’estensione” da applicare al codice civile, esplicitando che “la disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla L. 184/1983.” Le principali novità riguardanti il mondo del lavoro per gli aderenti alle unioni civili sono:
- le ferie matrimoniali, sia quella indennizzata dall’Inps, sia quella generalmente prevista dai contratti collettivi nazionali;
- la reversibilità della pensione;
- la corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare;
- le detrazioni fiscali per carichi di famiglia ex art. 12 DPR 917/86 (Tuir)
- il riconoscimento dei tre giorni di permesso: ◦concessi a chi assiste il coniuge con handicap in situazione di gravità ex comma 3, art. 33 Legge 104/92. ◦concessi per gravi motivi familiari, ex art.4 L. 53/2000 in caso di decesso o di grave infermità del coniuge.
- il congedo biennale ex lege 151/01 (articolo 42, comma 5 bis), previsto in situazioni di gravità accertata, per il coniuge convivente di soggetto con handicap.
Il T.F.R con l’entrata in vigore, della Legge sulle Unioni civili e le coppie di fatto, dovrà essere trattato con particolare attenzione dai consulenti del lavoro in quanto:
- L’indennità prevista con il trattamento di fine rapporto all’art. 2118 del Codice civile, è espressamente citata nella Legge Cirinnà (L. 76/2016) e prevede che in caso di morte del prestatore di lavoro, la stessa vada corrisposta alla parte dell’unione civile.
- L’art. 12-bis della Legge 1° dicembre 1970 n. 898 va esteso, per espressa previsione normativa contenuta nel comma 25, art.1 della Legge in commento; anche per le unioni civili. In particolare il riferimento è l’obbligatorietà di corrispondere all’ex coniuge divorziato e non risposato, titolare di assegno divorzile, il 40% del Tfr riferito agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio. Nel caso delle unioni civili il parametro da utilizzare per calcolare il periodo è la dichiarazione in cui la stessa viene sciolta.